Mary K. Pratt
Contributing writer

Ecco le ragioni che spingono i migliori manager IT a lasciare l’azienda

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Mar 11, 202411 minuti
Leadership ITGestione del personale

Comprendere i motivi principali per cui i top manager lasciano l’azienda è fondamentale per i CIO che cercano di sviluppare i team ad alte prestazioni. Oltre alle ragioni di carattere retributivo, in cima alla lista ci sono la leadership, la cultura e la lentezza dell’innovazione.

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Credito: Shutterstock

Nel mondo del lavoro c’è un detto che non si dimentica tanto facilmente: le persone lasciano i loro capi, non i loro posti di lavoro.

Ma è davvero così?

Quando si tratta di capire perché i migliori manager IT si licenziano, le domande che ci si pone possono avere molteplici risposte.

La prima è che i top manager – come tutti gli high performer – sono meno propensi a tollerare di lavorare per un cattivo capo; poiché in genere sono più motivati (ed è per questo che sono dipendenti di valore), sono più disposti a cercare un lavoro migliore.

Quindi se ne andranno se i dirigenti che li gestiscono non sono all’altezza del compito, afferma Eric Bloom, direttore esecutivo dell’IT Management and Leadership Institute e membro del Society for Information Management (SIM) Leadership Institute.

Tuttavia i manager di alto livello possono abbandonare anche per una miriade di altri motivi, anche se i loro superiori sono delle superstar. E potrebbero restare solo se il loro compenso è troppo buono per rinunciarvi.

Scoprire perché i bravi manager se ne vanno, e cosa potrebbe farli rimanere, è un argomento critico per i CIO, i quali, anno dopo, anno considerano il reclutamento dei talenti e l’impegno a farli rimanere in azienda come una priorità e una sfida al tempo stesso.

Identificare i motivi che spingono un buon manager a lasciare l’azienda può essere un compito complesso, caratterizzato dall’intrecciarsi di molteplici. Ciononostante, è un esercizio importante che i CIO devono imparare a svolgere, se vogliono mantenere nella squadra i loro migliori giocatori.

“Il motivo per il quale qualcuno se ne va è sempre il culmine di tutte le diverse interazioni – positive e negative – che una persona ha avuto con l’azienda. Noi le chiamiamo ‘momenti che contano’. E anche se tutti i momenti-che-importano sono importanti, ce ne sarà uno che farà alzare le mani e dire: ‘Me ne vado’“, dice Nicholas Kozlo, analista senior della divisione People and Leadership di Info-Tech Research Group.

“Quindi, sebbene sia importante concentrarsi su cose importanti come le promozioni”, prosegue, “i CIO e i dirigenti devono anche assicurarsi che i loro manager abbiano un’esperienza complessivamente positiva, che ricevano il supporto di cui hanno bisogno, che siano ascoltati, e che non ci siano problemi in sospeso”. Perché quando i problemi si accumulano, i manager si licenziano”.

I motivi per cui i bravi manager si licenziano

Le persone lasciano il lavoro per una serie di motivi personali e professionali. Possono desiderare un capo migliore, più soldi, un titolo migliore, un tragitto più breve per arrivare al lavoro, colleghi più simpatici, meno stress, una nuova carriera o più tempo per la famiglia e gli interessi personali.

Naturalmente, anche i top manager possono licenziarsi per uno qualsiasi di questi motivi. Ma i leader IT esperti e i consulenti di gestione sostengono che più spesso lasciano per motivi più specifici.

Il più ovvio è il denaro.

“La retribuzione è davvero il fattore numero uno. L’inflazione è dilagante e le persone faticano a pagare il mutuo”, aggiunge Kozlo, citando la ricerca sui talenti IT di Info-Tech su questo punto. “Il salario è uno di quegli elementi che allontana le persone da lavori altrimenti stabili”.

Ma non è l’unico grande fattore che attira i bravi manager: non sorprende, infatti, che molti top manager se ne vadano anche per perseguire un avanzamento di carriera.

Il denaro e le opportunità di carriera, tuttavia, sono solo una parte della storia, dicono consulenti, ricercatori e leader IT esperti. Anche le circostanze problematiche sul posto di lavoro in genere spingono i top manager a lasciare.

“Il capo è il motivo classico per cui i manager se ne vanno”, sostiene Greg Barrett, senior executive advisor e senior consultant, notando come abbia visto questo fattore, più del denaro, spingere i top talent a dimettersi.

Ciò avviene, tipicamente, quando i superiori tendono a gestire e a mantenere uno stretto controllo sui loro riporti diretti, piuttosto che consentire loro di avere l’autonomia che desiderano e di cui hanno bisogno per essere essi stessi dei buoni leader, sottolinea Kozlo.

Bev Kaye, fondatrice e CEO della società di consulenza per lo sviluppo, il coinvolgimento e la fidelizzazione dei dipendenti BevKaye&Co, ha sentito parlare di molti professionisti promettenti che hanno lasciato il lavoro a causa di un capo inadeguato. “Dicevano: ‘Il mio capo era un idiota e non lo sopportavo più’“.

I capi arroganti, assertivi e irrispettosi mostrano “comportamenti intollerabili”, dice Kay.

Inoltre, i top performer si lamentano quando i loro superiori non coltivano legami personali che aiutano a dimostrare che loro, come capi, hanno un interesse genuino nell’aiutare i loro manager ad avere successo e a fare carriera, dice.

“Quando chiediamo alle persone le ragioni che li hanno spinti ad andarsene, loro rispondono: ‘Il mio capo non mi ha mai conosciuto veramente, non ha mai conosciuto veramente le cose che amavo fare e su cui lavoravo’“, spiega Kaye, che sottolinea le lamentele espresse dai lavoratori mentre erano in viaggio per un evento, o un viaggio che era stato dato loro come ricompensa per le loro grandi prestazioni, ma che non volevano.

Anche se i top manager non sperimentano questi scenari in prima persona, l’incapacità dei dirigenti di affrontare i problemi di questo genere porta a sviluppare una cattiva cultura dell’ambiente di lavoro che provocherà l’allontanamento dei manager migliori, dicono Kaye e altri esperti del settore.

E non sono solo le culture lavorative stereotipate a farli uscire dalla porta, aggiungono.

“A volte non dipende tanto dal fatto di essere trattati male, quanto di sopportare la mediocrità. Questi manager stanno lavorando molto più duramente per colmare le lacune degli altri, e non ne ricevono il merito”, tiene a precisare Eric Sigurdson, CIO practice leader di Russell Reynolds Associates, società di consulenza specializzata nella leadership.

Ci sono altre circostanze organizzative che spingono i top manager a dimettersi, secondo i leader IT di lunga data.

“I manager se ne vanno quando sono disillusi dalla cultura dell’azienda, quando nel loro lavoro si esaurisce il divertimento”, afferma Barrett, un global technology executive che lavora come collegamento per il Rising Leaders Forum di SIM.

Barrett osserva che i manager tendono a fuggire anche quando le aziende ristagnano o si contraggono.

Nel frattempo, Clyde Seepersad, vice president senior e direttore generale della formazione e della certificazione dell’organizzazione no-profit open-source Linux Foundation, raccontaa di aver visto buoni manager andarsene a causa di un problema comune sul posto di lavoro nell’IT: la mancanza di risorse umane.

“Questi manager non riescono ad avere un organico completo, e si limitano ad andare avanti a fatica. Sono frustrati dal fatto che non hanno la possibilità di far sì che le persone rispettino le aspettative alle quali sono tenute a rispondere”, precisa.

In una nota correlata, Seepersad aggiunge che l’incapacità del manager di sperimentare e innovare è un altro problema sul posto di lavoro IT che spinge i bravi manager a cercare la via d’uscita.

“Sentono di essere messi in una scatola molto piccola, senza molto spazio per sperimentare cose nuove e per creare nuove tecnologie”, spiega, notando che questo scenario fa sì che i manager sentano di essere indietro nella comprensione delle tendenze tecnologiche in evoluzione, anche se hanno bisogno di questa esperienza per continuare a progredire nella loro carriera.

Allo stesso modo, la mancanza di esperienza sulle tecnologie emergenti può farli sentire isolati dalla comunità professionale più ampia, aggiunge, e ciò spingerà i top performer ad andarsene.

Un altro problema organizzativo che allontanerà i top manager: la mancanza di equilibrio tra lavoro e vita privata, che è comune nell’IT a causa delle difficoltà nell’ambito delle risorse umane e della natura 24/7 dei servizi IT.

“Molti manager IT lavorano più ore, e si prendono la responsabilità quando i loro team sono in ritardo, perché spesso sono sotto organico. Quindi decidono di accettare un nuovo lavoro dove possono avere orari più ragionevoli”, evidenzia Kozlo.

Retention intenzionale

È irrealistico – e irragionevole – credere che i talenti di alto livello rimangano per sempre, ma gli executive consultant affermano che i CIO possono – e devono – fare di più per far rimanere i loro manager migliori. Questo inizia con il dare priorità alla retention, dice Seepersad.

Per farlo, Kozlo spiega che è necessaria una valutazione onesta di ciò che il reparto IT e l’azienda nel suo complesso offrono.

Ciò può rappresentare un esame reale per molti dirigenti, spiega. Orari remoti o ibridi e flessibili, nonché straordinari limitati “non sono vantaggi; dovrebbero essere una posta in gioco”. Gli snack gratuiti, i tavoli da ping-pong e le feste natalizie “non sono cultura d’ufficio, sono vantaggi d’ufficio” che, secondo i sondaggi, non interessano alla maggior parte delle persone.

“Ci sono dei cerotti che le persone applicano alle ferite, piuttosto che guardare internamente a quelli che sono i problemi legati al trattenere i migliori talenti”, dichiara Kozlo. “Ma c’è sicuramente molto che può essere fatto nell’ambito della sfera di competenza del CIO”.

Per essere chiari, non esiste una formula unica per affrontare i vari aspetti che, comunemente, spingono i top manager a licenziarsi, ma i dirigenti IT devono prestare attenzione a ciò che offrono ai manager, alla cultura del luogo di lavoro, e se questi fattori si allineano effettivamente con ciò che i manager (e i dipendenti, in generale) vogliono.

Kaye, autrice di diversi libri sui temi che riguardano la vita aziendale dei dipendenti, tra i quali Help Them Grow or Watch Them Go, consiglia ai CIO di verificare le loro ipotesi, poiché ciò che credono di sapere sulle intenzioni e sui desideri dei manager potrebbe non essere corrispondente alla realtà.

Dice che i CIO dovrebbero chiedersi: cosa potrei fare di più? Di meno? Cosa dovrei continuare a fare così com’è? Come posso aiutare a ottenere di più di ciò che i dipendenti desiderano nel loro lavoro attuale?

“Altrimenti, si sta tirando a indovinare”, aggiunge Kaye.

Il passo successivo, secondo l’autrice, è agire in base al feedback.

Kaye e gli altri esperti di gestione intervistati su questo tema sostengono che la ricetta può consistere in un maggior tutoraggio combinato con una maggiore indipendenza dei manager; creare rotazioni attraverso i ruoli delle business unit per aiutare i manager a progredire quando non ci sono posizioni aperte da occupare più in alto nell’IT; e stabilire tempi di consegna più realistici per i progetti IT, in modo che i manager non sentano di non poter avere successo nonostante i loro sforzi e quelli dei loro team.

I CIO dovrebbero anche riconoscere i vantaggi che risiedono nel vedere i loro migliori giocatori andare via, soprattutto quando questa separazione è positiva e perfino pianificata, come quando avviene per fare carriera o per perseguire una passione personale.

“La loro partenza può essere una perdita tanto quanto un’opportunità”, sottolinea Jim Knight, direttore esecutivo del SIM Leadership Institute ed ex global CIO di Chubb Insurance.

I CIO possono promuovere un lavoratore promettente, e ciò può rappresentare una mossa che contribuisce a migliorare la cultura dell’ambiente di lavoro, o reclutare un manager con idee fresche che possono rinvigorire un team, ben sapendo come le figure che hanno aiutato a formare e far crescere fanno parte della comunità IT generale.

C’è anche la possibilità che quei manager tornino.

È successo con il CIO dell’Università di Phoenix, Jamie Smith.

“Avevamo un ingegnere che voleva vedere com’era la vita altrove. È andato in una startup e ora è tornato”, racconta Smith. “A volte è bene che i nostri leader vedano qualcos’altro e, se tornano, lo fanno con nuove competenze e con una comprensione più profonda della nostra cultura e di quanto sia significativa”.

Non si perde nulla.